30 aprile 2014

Boston, Boston, take me in

Lo so, non ho aggiornato il blog per un mese. Scusatemi; il primo che ci rimane male sono io. La vita è stata un po' movimentata ultimamente, tra scuola, prove, eventi vari. Ho tenuto questo articolo in cantiere per due mesi solo perchè non ho avuto il tempo materiale per dedicarmici; adesso assomiglia un pochino a un lavoro di patchwork, però sono dell'idea che non si debba rimaneggiare qualcosa che ho scritto in un momento di ispirazione, neanche se ora non riflette più quello che penso. Quindi eccolo qui, riscaldato al microonde: spero che valga la pena di una scorsa!

8 marzo - Springbreak

Lo scuolabus mi lascia a South Station, nel cuore di downtown Boston. Immaginate: un deficiente in piedi in mezzo al marciapiede affollato, lo zaino sulle spalle con le cerniere che gemono, la chitarra a tracolla (strapiena di mutande e calzini) e due sacche della Stramilano, piene da scoppiare anche loro, che penzolano attaccate allo zaino. No, non avevo niente di meglio. Si, ho comprato una sacca un paio di giorni dopo... Però l'insieme era molto bohémienne!

Per prima cosa mi fermo davanti a una mappa, (you are here), e scopro che "here" è in una zona totalmente diversa da quella della casa della mia ospite, quindi mi incammino cigolando in direzione Boston Common. Durante tutto il tragitto dalla stazione al parco, passando per Summer e Winter St., mi sembra di essere in Corso Vittorio Emanuele senza il Duomo che mi spalleggia; la stessa cacofonia di persone indaffarate che si sfiorano passando via veloci, negozi, fast food (tanti fast food!), il mio riflesso che mi cammina accanto nelle vetrine. Finisce all'improvviso, e di botto mi si apre davanti il Common, spoglio e innevato; mi inoltro tra i sentieri e i rumori della cittá si attutiscono, come se mi fossi infilato dei tappi nelle orecchie.

Finito il parco, la sensazione di pace mi accompagna nella Back Bay. Avete presente le casette ordinate, tutte incastonate l'una di fianco all'altra, in piccole strade alberate, che confluiscono lentamente verso l'orizzonte? Ecco, la Back Bay è un'enorme scacchiera di viette così, un'oasi tranquilla tra le affollate Boylston e Newbury Street e il fiume Charles, ancora ghiacciato. È qui che ho la fortuna di stare, almeno per un po'; una volta sistemato, mi dedico all'esplorazione.

Boston è multiforme, cambiare zona significa cambiare totalmente architettura, negozi, ritmi. Correre lungo la Esplanade di fianco al fiume e andare a finire, mettiamo, nella old-fashioned Beacon Hill è come minimo disorientante; se poi si percorrono ancora un paio di isolati, ti si staglia davanti il modernissimo Downtown, tutto grattacieli, vetro e cromature. Un po' più a sud, e all'improvviso Chinatown; risalendo, di nuovo il Common. Ma la parte di gran lunga migliore sono i campus; essendo in gran parte una città universitaria, con qualcosa come 250.000 studenti, Boston è il posto più student friendly possibile... E si nota. L'atmosfera è giovanile, e giuro che in giro per la città non avrò visto più di una quarantina di persone over 30, probabilmente anche perchè sembra che tutto ruoti attorno agli universitari; una tessera di un college è una garanzia per i tassisti, un passaporto per qualsiasi teatro, un buono per i trasporti pubblici.

Le università... Non so se riuscirò a descrivere come ho vissuto le visite. Tenevo una media di un tour guidato al giorno, più una visitina di soppiatto a un qualche altro college per conto mio. Ogni campus ha la sua identità: si passa da quelli distribuiti tra i grattacieli di Downtown, a quelli composti da interi quartieri o zone di Boston. Le accomuna però l'atmosfera che si respira, un'elettrizzante miscuglio di dedizione e operosità. Uscivo dalle visite mentalmente affamato, come se avessi annusato un profumo deliziosamente carico di promesse... Quei tour mi hanno reso ancora più determinato a venire qui a studiare, hanno concretizzato un orizzonte indistinto.

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